lunedì 4 agosto 2014

"Sono la prova vivente che la cura con l'artemisia annua funziona"

Di seguito la testimonianza del sign. Amedeo Gioia di Roma:

"Io sono la prova vivente che la cura con l'artemisia annua funziona, operato due volte di cancro alla vescica esame istiologico G3 e TNM: pT2, inviato a fare delle infiltrazioni di chemio l'oncologo le ha ritenute inutili in quanto i carcinomi avevano colpito anche la prostata e l'ilio (intestino). Ricoverato in urologia al San Filippo Neri per l'asportazione di vescica, prostata ed un tratto dell'intestino, avrei continuato a vivere con le sacchette per l'orina e feci.

Aperto e richiuso perche' era troppo vasta la zona interessata.
Ho rifiutato la chemioterapia e mi hanno dimesso dandomi una settimana, massimo due mesi di vita.
Mio figlio ha scoperto che esisteva questa pianta, che distrugge le cellule cancerogene, ed e' riuscito a trovarla in soluzione alcolica (tipo fernet) e ho incominciato ad assumerla, una correzione nel caffe' la mattina, un bicchierino dopo pasto ed uno dopo cena. Dopo 48 ore non avevo piu' dolori e dopo sei giorni orinavo quasi normale (prima ogni 1/2 ora e con dolore).


Per controllo ho fatto un'ecografia, esame del sangue per le marche tumorali ed una TAC. Risultato NON HO PIU' NIENTE. il tutto con 38,00€

Io l'ho ordinata in farmacia :SOLUZIONE IDROALCOLICA DI ARTEMISIA ANNUA. Se non l'hanno fatela ordinare ed in 24 ore la consegnano."



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martedì 17 giugno 2014

Federico Perna, 34 anni, CENTOTRENTANOVESIMA vittima dello Stato Italiano.

Il Governo dice che trattasi di "Morte Naturale"...
Voi cosa ne dite? Date una occhiata alle foto...





Terribili e già visti gli ingredienti della vita e della morte di Federico Perna nel carcere napoletano di Poggioreale, proprio il carcere visitato da Giorgio Napolitano prima che annunciasse il messaggio alle Camere dell’8 di ottobre scorso. Poggioreale, un carcere simbolo della tragedia italiana, dove i detenuti sono ammassati, costretti a una vita degradante, resi numeri dal sovraffollamento. Un carcere dove i detenuti non hanno spazio vitale e la dignità umana è oggettivamente calpestata. La madre chiede giustizia e giustizia va assicurata.

Ancora una volta, per sperare di avere giustizia, una mamma deve farsi violenza e pubblicare sui media la foto di un corpo martoriato. Il ministro della Giustizia ha disposto un’indagine interna all’Amministrazione penitenziaria. Nel frattempo si spera che scorra l’indagine penale e che l’autopsia sia fatta coscienziosamente e restituisca chiarezza sulle cause della morte. Federico Perna muore a 34 anni. La sua è una storia carceraria abbastanza comune, là dove ciò che è comune coincide oggi con ciò che è tragico. Ha problemi di tossicodipendenza. È malato di epatite C, appunto come tanti detenuti, purtroppo. Sta molto male, come tanti detenuti. Chiede aiuto, ne riceve poco. I magistrati non lo ritengono incompatibile con il carcere nonostante valutazioni difformi, pare, dei medici che invece propendevano per la non compatibilità con la detenzione.

La vicenda di Federico Perna ci impone una riflessione sul caso in questione e una di carattere più generale. Sul caso in questione, va rivendicata un’indagine condotta con determinazione, la quale chiarisca se c’è stata violenza e se c’è stata negligenza medica. Intorno alle questioni di carattere più generale, la vicenda carceraria va affrontata e decisa subito per evitare che morti seguano a morti. Bisogna intervenire su più piani:  bisogna assicurare diritti a chi non ne ha istituendo un garante nazionale delle persone private della libertà, come ci impongono le Nazioni Unite; va introdotto il delitto di tortura nel codice penale italiano, che ridarebbe dignità a un sistema giuridico oggi in crisi di identità democratica.







mercoledì 14 maggio 2014

Catania: la vedova Raciti

Era il 2 febbraio 2007 quando l’ispettore Filippo Raciti perse la vita durante il derby Catania – Palermo svoltosi allo stadio Massimino. Morte riconosciuta e sentita a livello nazionale, come d’uopo, non solo perché l’ispettore Raciti è morto durante lo svolgimento del servizio, ma perché lasciava una famiglia composta da due bambini ed una moglie.
Da Palermo vengono rilanciate le ombre. Stando a Fabio Mazzarella di www.palermochannel.tv, diversi sono stati gli aiuti economici in favore della famiglia Raciti – Grasso: “l’Associazione Italiana Arbitri, ha donato 30.000 Euro; a seguire, il Governo ha risarcito moralmente la famiglia di 75.000 mila euro per ognuno dei figli; ed ancora raccolte fondi e collette di vera e propria beneficenza per una donna “afflitta dal dolore” a causa dell’assurda perdita del marito”.

E fino a qui sembrerebbe tutto normale se non fosse che, in realtà, la giovane vedovella “non andava per niente d’accordo con il marito essendo: sposati, si, ma separati!” Una parte di questi fondi, ricevuti dalla “vedova”, sono stati investiti in una “villa ad Acitrezza in cui abita con il suo attuale compagno ex collega del defunto!” Non solo, ma la “signora vedova”, ad onor del giusto, spesso e volentieri è stata presente in programmi tv, lamentandosi della città di Catania, mettendo in evidenza alcune delle inefficienze legate alla sicurezza, all’inciviltà e disquisendo di problematiche sociali inappuntabili.
Nonostante la comunità catanese la invitasse a non esporsi più in pubblico, perchè “u sovecchiu e comu u mancanti” lei continuò a parlare e straparlare, facendo accrescere le “donazioni” per lei e per i suoi due figli. I fondi crebbero a tal punto che riuscì anche ad acquistare “una villa in Sardegna in cui passa le vacanze con figli e fidanzato!” Un caso quello della vedova Raciti costruito per lo più dalla stampa, che ha indotto tutta l’Italia a “donare” conforto (e non solo) a questa giovane donna, che indubbiamente ha trovato il modo di consolarsi.
L’opinione pubblica, dunque, è stata abbindolata dai media attraverso la figura afflitta, sconvolta e disperata di una giovane donna con a carico due figli. Noi non siamo qui, per giudicare la condotta morale della Signora Grasso poiché, si sa, chi “muore giace e chi vive si da pace”, e non vogliamo neanche sembrarvi cinici o spudorati nel linguaggio, ma la verità non sta mai da una parte sola. Oggi la stampa è in grado di manipolare le coscienze, svelare e tenere nascosti fatti, o addirittura camuffarli, ma è anche giusto dare spazio a questo genere di notizie per creare un confronto sano.
Vi sono tantissimi militari, rientrati dalla missione in Kosovo, malati di tumore che non percepiscono neanche lo stipendio, poiché lo Stato non gli riconosce la causa di servizio; migliaia di figli di vittime del dovere in attesa di essere riconosciuti come tali; tantissime donne perdono i loro uomini sul lavoro (morti bianche) e non hanno il diritto di esporsi con la stampa, non chiedono nulla perché spesso nei loro confronti si alza un muro di omertà, che spinge gli stessi lavoratori a tacere.

sabato 10 maggio 2014

Pestaggio,chiesta condanna 9 agenti


A 4 anni dal pestaggio di Stefano Gugliotta, avvenuto a Roma nel dopo partita della finale di Coppa Italia, la Procura di Roma ha chiesto la condanna per nove agenti del reparto celere della polizia. Sono accusati di lesioni personali gravissime. La pena più severa chiesta dal pm Pierluigi Cipolla è per Leonardo Mascia, il poliziotto che fermò il giovane: rischia tre anni. A tutti gli imputati sono state concesse le attenuanti generiche.

lunedì 5 maggio 2014

Cosa è successo in Fiorentina Napoli? Non chiedetelo ai giornalisti!!

Quando si vuol comprendere qualcosa di un fatto di cronaca, capita ancora – per riflesso condizionato – di affidarsi agli organi di stampa. Poi arriva una giornata come quella della finale di coppa italia ed ecco che l’illusione svanisce.
L’immediata vigilia di Fiorentina Napoli si apre con una sparatoria a Tor di Quinto, nei pressi di un vivaio. Tre tifosi del Napoli restano feriti, uno è in condizioni gravissime.
Cosa è accaduto esattamente? Difficile capirlo a caldo. Almeno stando a sentire i resoconti degli organi di stampa.

Del tutto dimentichi del vecchio adagio secondo cui un giornalista dovrebbe quantomeno diffidare delle verità ufficiali, i media (la Rai in primis) contribuiscono ad alimentare la confusione.
Da quando si diffonde la notizia del ferimento del tifoso napoletano, la tv di Stato e gli altri grandi organi di informazione non fanno altro che rilanciare la versione della questura, senza mai metterla realmente in discussione.
Per quanto illogica, la versione che viene ribadita fino al termine dei 90 minuti di gioco è sempre la stessa, ripresa letteralmente dal comunicato ufficiale delle autorità: «al momento il triplice ferimento non sembra essere collegato a scontri tra tifosi, ma avrebbe cause occasionali». Questa è la sola verità che passa per tre ore buone.

Scordatevi il tifo, scordatevi le rivalità accese tra le tifoserie (direttamente e indirettamente) coinvolte nell’evento romano. Il calcio non c’entra un tubo, si tratta solo di criminalità. Il fatto che di mezzo, nella veste di vittime, ci siano dei tifosi è un puro caso.
Poco credibile? Non per i giornalisti Rai, che in telecronaca, prima e durante la partita, ribadiscono il concetto.
Stessa versione sui media online. Tutto gira attorno al vivaio in cui sarebbe stata ritrovata la pistola. E’ stato proprio il vivaista a sparare? E quale folle ragione lo avrebbe spinto all’insano gesto? Si vagliano le ipotesi più varie.

L’attenzione intanto viene tutta spostata su quello che diventerà l’eroe nero della serata, il capo ultras napoletano Gennaro De Tommaso
E’ lui, raccontano in Nostri, che – al termine di un breve conciliabolo sotto la curva con il capitano del Napoli Marek Hamsik – dà il via libera per dare il via alla partita, nonostante le tensione crescente.
A nessuno viene in mente che a prendere la decisione di giocare, assumendosi tutte le responsabilità del caso, è sempre il prefetto. Non De Tommaso, né Hamsik.

Scrive oggi su Repubblica Carlo Bonini:
“Così convengono, già intorno alle 19.30, il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro e questore Massimo Mazza”.
Lo stesso questore Mazza oggi torna sull’argomento e precisa:
“Non c’è stata alcuna trattativa con gli ultras del Napoli. Non abbiamo mai pensato di non far giocare la partita”.
Secondo Mazza, è stato solo accordato al capitano del Napoli di informare i tifosi, su richiesta di questi, sulle condizioni di salute del ferito.
La versione che è passata nel frattempo, però, è un’altra, e tale (ci si può scommettere) resterà.
Adesso che hanno trovato il “cattivo” di turno, i media preferiscono soffermarsi su questa affascinante figura. Ci raccontano la biografia del personaggio, “figlio di Ciro De Tommaso, ritenuto affiliato al clan camorristico del Rione Sanità dei Misso. La sua leadership nella curva è nota da tempo: dapprima come capo del gruppo dei ‘Mastiffs’, e successivamente alla guida dell’intera curva A del San Paolo”.
E’ stato lui a decidere di giocare, ci dicono. È stata la camorra, dice qualcun’altro.Invece le forze dell’ordine, le autorità preposte, in questo teatrino non ci sono mai. Subiscono il diktat, è normale anche questo.
Nessuno sottolinea che l’elezione dei capi ultras a mediatori non è una fatalità del caso, ma una pratica antica (in Italia), resa possibile dalla compiacenza più o meno spontanea di società, giocatori e forze dell’ordine. Vabbe’.
Contrordine, il calcio c’entra
Poi c’è il brutto episodio dell’inno nazionale. A parte Renzi, in tribuna, sono in pochi a cantarlo. I napoletani fanno di più: fischiano. Anche questo aspetto verrà sottolineato a lungo dai media. Indignatissimi, più di tutti, i telecronisti Rai.
Intanto la partita si gioca. La curva nord (quella occupata dai tifosi azzurri) resta in silenzio come annunciato. La sud, occupata dai supporter viola, alterna cori di sostegno alla propria squadra a inni al Vesuvio sterminatore. Un po’ di indignazione ci scappa anche qui.
Alla fine vince il Napoli, per 3-1. Segue invasione di campo. Segue premiazione e festeggiamenti di rito. La tragedia di pochi minuti prima pare dimenticata.
Sono quasi le due di notte quando arriva un nuovo lancio di agenzia.

Si scopre che a essere fermato per la sparatoria di Tor di Quinto è un ultras della Roma. L’uomo, accusato di tentato omicidio, si trova al Gemelli dove viene curato per il ferimento di una gamba. Sarebbe stato lui a provocare i tifosi napoletani lanciandogli contro fumogeni. Alla loro reazione, avrebbe risposto sparando.
Si scopre anche che il soggetto in questione era stato coinvolto nella vicenda giudiziaria seguita al derby Roma Lazio del 2004, quello del bambino “morto”, sospeso proprio su “richiesta” dei leader delle due curve romane.



domenica 4 maggio 2014

Votare non serve, l'Unione Europea è una farsa


Renzi “sfida l’Europa”, come afferma il Corriere della Sera, gridando ai quattro venti che l’Italia terrà fede ai parametri di Maastricht. Se non fosse che tali affermazioni riguardano sessanta milioni di cittadini italiani troveremmo paradossale o addirittura grottesca la situazione in cui si muove il capo del governo e le leggi che promette di mettere in atto entro i prossimi mesi. Sembra, infatti, che Renzi e tutti i politici insieme a lui, si siano dimenticati che la Consulta ha dichiarato incostituzionale la legge con la quale l’attuale Parlamento è stato eletto. Di che cosa parla, dunque, Renzi? Riformare la Costituzione mentre si è fuori dalla Costituzione? È così sproporzionato alla realtà il suo vagheggiare: ad aprile questo, a maggio quest’altro, che si finisce col lasciarsi trasportare nel mondo surreale dei suoi sogni.
È atrocemente squallido invece, e tuttavia altrettanto paradossale, l’affannarsi di tutti i politici per convincere gli italiani a votarli alle prossime elezioni europee, assicurandoli che combatteranno così contro l’euro, contro i tanto odiati burocrati di Bruxelles. Poveri italiani! Non si rendono conto che a coloro che perseguono la mondializzazione distruggendo i singoli Stati, ai veri unici Capi di cui non conosciamo il nome, l’unica cosa che serve è che i cittadini votino, riconoscendo così la validità dell’Unione europea. Non ha nessuna importanza a quale scopo votino: il “parlamento europeo” è una finzione visto che l’Unione europea non è uno Stato. Serve a fornire ricchissime poltrone ai politici, ma il trattato di Lisbona ha certificato l’impossibilità dell’Ue di diventare uno Stato. Soltanto uno Stato, ovviamente, può godere di un “parlamento”, tanto che perfino i costruttori dell’Unione europea non hanno riconosciuto al parlamento un’autonoma capacità di fare leggi. Siamo dunque, anche in Europa, nel mondo surreale di cui parlavamo a proposito di Renzi il quale infatti assicura, navigando a vele spiegate nel suo Superuranio, che si vedrà di che cosa l’Italia è capace quando assumerà con il prossimo semestre la guida dell’Europa.

In Italia, però, i politici somigliano tutti a dei piccoli e forse meno simpatici “renzi”. Mantenere la finzione rappresenta la parte più cospicua della loro attività. L’impero europeo deve continuare a esistere, o meglio a fingere di esistere agli occhi dei poveri cittadini che del trattato di Lisbona così come dei parametri di Maastricht non sanno nulla. La bandiera europea, che il trattato obbliga ad esporre soltanto nel giorno della festa dell’Europa, in Italia affianca sempre i governanti e sventola perfino sulla caserma del Comando generale dei Carabinieri, non si sa in base a quale precetto. Roma sembra la succursale di Bruxelles o di Strasburgo: è tutto uno sventolio di bandiere celesti piene di stelle che fingono l’esistenza di un Impero immaginario. Dato che non è uno Stato ma semplicemente un’organizzazione internazionale, l’Ue non può concedere nessuna cittadinanza, concessione che pertanto è illegittima; è illegittima la costituzione di una Banca  estranea agli Stati come la Bce (che infatti appartiene per la sua massima parte ad azionisti privati) ed è illegittima, e dunque invalida, la cessione della sovranità monetaria ad una banca privata che i governanti italiani hanno fatto in nome dell’articolo 11 della Costituzione.
 E i famosi parametri di Maastricht, quelli per i quali ci siamo svenati fin dall’inizio quando i cari Prodi, Ciampi, Amato ci esortavano a soffrire pur di poter entrare nell’eldorado dell’euro? Ebbene di quei parametri è stato detto di tutto. Ci si sono messi i maggiori economisti, banchieri, Premi Nobel d’Europa e d’America, a definirli: arbitrari, cervellotici, bislacchi, perfino “stupidi” (parola di Prodi, il quale non si vergogna mai di se stesso), ma Renzi insiste: “Dimostreremo che siamo capaci di tenervi fede”. Surreale, grottesca, folle? Non si trovano parole per descrivere la situazione di degrado logico, di straripamento da qualsiasi regola di ordine politico e sociale, di abbandono di ogni principio di realtà nel quale nuotano ormai senza sapere dove vanno politici, giornalisti, intellettuali. Esaltano l’Europa gridando: “Credo perché è assurdo”.
È indispensabile che almeno quei gruppi di cittadini che criticano le istituzioni europee, che vogliono la riappropriazione della sovranità sulla moneta e su tutto l’ambito che riguarda la Nazione e il suo territorio, non vadano a votare alle elezioni europee e convincano il maggior numero possibile di cittadini a non andarvi a causa della loro illegittimità. Bisogna che piuttosto si uniscano in un solo partito per ottenere al più presto il ritorno alla legalità con nuove elezioni  e imporre nel parlamento italiano l’uscita dall’euro e dalle normative europee.

domenica 27 aprile 2014

OMICIDI DI STATO: RICCARDO MAGHERINI




Riccardo Magherini aveva 40 anni, moglie e figlio. E' morto mentre era nelle mani dei carabinieri, ma al momento risulta essere lui l'unico indagato. E a quasi 2 mesi di distanza non si sanno ancora le cause del decesso. 
 Luigi Manconiha diffuso questo video




è molto duro, si sente Riccardo che grida AIUTO mentre i carabinieri sono sopra di lui. E' uno dei pochi strumenti nelle mani dei familiari per cercare di ottenere verità e giustizia.
Aiutiamoli.
info: santegidiotradizioneultras@gmail.com




All'1.44  - arriva quella che viene definita auto medica perché pochi minuti dopo le 1.27 era giunta un'ambulanza ma sull'ambulanza non si trovata un medico. Due elementi cruciali, perche gli infermieri non prestano alcun soccorso alla persona riversa in strada e che si trova nella seguente condizione. Il volto sull'asfalto, il corpo esanime, le braccia dietro la schiena e i polsi ammanettati. Complessivamente dall'inizio di quello passano venti minuti. 

Ritroviamo la stessa amarezza di altri episodi. Magherini viene denunciato a piede morto. L'uomo viene denunciato per rapina perché si è impossessato di un cellulare per chiamare i carabinieri. Sono denunce inutili perché non si possono fare denunce a carico di morti. Queste persone, con la denuncia, vengono marchiate per orientare sulle cause di morte, bollando la vittima come una persona che vive fuori dalla legge. Magherini non ha mai mancato di rispetto alla legge. Era un assuntore di cocaina ma non per questo va definito fuorilegge.

Riccardo in quei momenti nella sua difficoltà vuole chiamare le forze dell'ordine perché potessero aiutarlo.Quello che succede è quello che si è visto nel video.

Subiscono una morte fisica ma anche una seconda morte: la stigmatizzazione che ha lo scopo di deformare l'immagine della vittima stessa, di evidenziare i tratti della sua biografia che possano apparire discutibili o addirittura inventando elementi della sua vita che si riveleranno falsi. Una vittima dunque che viene fatta passare come non degna di essere tutelata, con una biografia che non rientrerebbe nei canoni della rispettabilità. Tutto questo è scattato a sole 24 ore dalla morte.


NO ART. 9 !!

Partendo dal presupposto che ognuno è libero di accettare di venire “fidelizzato” (La fidelizzazione è l'insieme delle azioni di marketing volte al mantenimento della clientela già esistente), di usufruire di possibili agevolazioni e di partecipare a raccolte punti, vogliamo, in maniera chiara, spiegare perché ci opponiamo alla tessera del tifoso. 
Innanzitutto ci opponiamo all’idea del tifoso inteso come semplice consumatore da fidelizzare ad un prodotto. Il calcio è passione e non un qualunque prodotto da vendere!
Siamo legati ad un’idea romantica di partecipazione, ad un amore per il cavalluccio trasmesso dai genitori, dai fratelli, dagli amici, ad un legame che va oltre le categorie e i risultati sportivi. 

Oltre al ruolo di consumatore “fidelizzato”, che non ci piace, vorremmo fosse fatta chiarezza anche sull’aspetto legale della tessera. Come detto la tessera non può essere imposta per legge, non sarà obbligatorio possederla, rimarranno quindi tutte le limitazioni, biglietti nominali, trasferte vietate, obbligo di vendita ai soli residenti in provincia, che ricadranno sui “non-fidelizzati” e sui “cattivi”. Se per i primi è una limitazione alle proprie libertà, per i secondi é una violazione della costituzione italiana
L'articolo 9 della Legge Amato se applicato vieterebbe in maniera permanente l’accesso a tutti quei soggetti che nel corso della vita hanno ricevuto un Daspo. Se da giovane rubi qualcosa in un supermercato e ti prendono, risarcito il danno o scontata la pena, puoi tornarci a far spesa, se da giovane hai preso un Daspo non puoi più andare allo stadio, la pena è per sempre. Ricordate che il Daspo non è una condanna (perché non è preceduto da alcun processo, né da alcun Giudizio) ma una misura preventiva, decisa arbitrariamente dal Questore. Alla diffida talvolta segue un processo, che in molti casi proscioglie tutti gli imputati, perché diffidati senza prove oggettive dalla Polizia. Ebbene, anche questi ultras dichiarati INNOCENTI dallo Stato e che hanno scontato INGIUSTAMENTE una diffida o una parte rilevante d'essa, non potrebbero avere accesso allo stadio, perché l'art. 9 della Legge Amato non fa differenze neppure tra innocenti e colpevoli (quelli che vengono giudicati tali), fondandosi sull'esser stati "destinatari" del Daspo. Una misura che, limitando la libertà personale senza bisogno di prove e processo, vìola, di per sé, i diritti civili della persona. In pratica trasformerebbe una misura preventiva (illegittima) in condanna definitiva a vita (il che è anche incostituzionale, contro la costituzione). Detto questo una domanda sorge spontanea, chi ci guadagna in tutto questo? La sicurezza tanto sbandierata no, I tifosi no. Vediamo vantaggi soltanto per i grandi club, gli stessi che si mostrano indifferenti perfino al divieto delle trasferte: più tifosi restano a casa e maggiori saranno gli abbonamenti alle pay-tv per seguire la propria squadra in trasferta, maggiori saranno i soldi che le pay tv verseranno ai grandi club. Dietro a questo tipo di ‘fidelizzazione’ si cela solo un interesse di puro business che porterà a campionati composti da primi attori e tante comparse. 

lunedì 31 marzo 2014

Di Giangiacomo-Morto di cancro dopo missione in Mozambico



Ucciso a 38 anni da un cancro fulminante. E' morto così Antonio Di Giangiacomo, originario di Sant'Egidio alla Vibrata. E' morto dopo una missione di pace e prima della nascita del terzo figlio. Ammazzato dall'inalazione o dal contatto con sostanze tossiche come mercurio, piombo e uranio impoverito nelle campagne del Mozambico. Dal 1992 veste i pani di caporal maggiore nel terzo reggimento artiglieri della Brigata alpina Julia. Dal febbraio all'aprile del 1994 è nel Paese dell'Africa Orientale con la missione di pace Albatros Fa parte del contingente italiano di caschi blu con il compito di sorvegliare la pace stipulata tra il governo di Chissano e i guerriglieri della Remnamo di Dhalakama. Il 21 aprile del 1994 viene congedato dopo un primo ricovero all’ospedale militare di Padova. E' l'inizio della fine. A raccontare il calvario della famiglia di Antonio e della moglie, rimasta con tre figli a casa, è l'avvocato Florindo Tribotti (in foto) che assiste la vedova. C'è una coltre di omertà su quanto accade in Mozambico. Dal 2000 ad oggi ben tre commissioni d’inchiesta hanno cercato, invano, di spiegare perché decine di militari sono morti di tumore e quali siano i collegamenti con sostanze tossiche. Oggi la famiglia di Antonio chiede un risarcimento danni al ministero della Difesa "perchè lui - dicono i parenti - ha sempre creduto nello Stato e con orgoglio ha indossato la divisa, ma la sua malattia è stata sicuramente causata da sostanze maneggiate durante la carriera militare". Antonio è morto per il cancro al fegato all'ospedale di Ancona. Lì i medici hanno redatto referti che evidenziano una situazione complessa con il male che ha continuato ad aggredirlo dal '94 al 2012. Un continuo calvario quello di Antonio che fa la spola da un ospedale all'altro. Le commissioni d’inchiesta dal 2000 al 2013 hanno sostenuto che sussistono diversi fattori scatenati le malattie dei soldati, escludendo un nesso stretto e dimostrabile tra queste e l’uranio. Ma la famiglia di Antonio chiede chiarezza e vuole conoscere la verità. La verità del perché tre bambini dovranno crescere senza un padre.

lunedì 17 marzo 2014

Oggi avrebbe compiuto 50 anni... AUGURI STEFANO!

Un elenco completo ed esauriente forse non verrà mai stilato: troppo complessa la vicenda, troppe le diramazioni della “Sla”, o “Morbo di Gehrig”, la malattia che uccide molti calciatori di varie età e che prende il nome da un ex giocatore di baseball.
Per questo non è semplice elencare le “morti sospette” che hanno preceduto quella di Stefano Borgonovo. Troppi i casi di diverse ramificazioni della malattia, ma anche troppi i casi non ancora accertati.
E anche tra quelli noti ai calciofili, si va dai 31 anni di Lauro Minghelliai 78 di Fulvio Bernardini. Non è chiaro chi e quando colpisce, così come non si capisce se vi siano ruoli con maggior incidenza, come ad esempio i centrocampisti.
E poi ci sono tutti i dilettanti: alcune morti non sono mai finite sui giornali. In alcune situazioni, la famiglia non vuole rendere note le generalità dell’ex calciatore colpito dalla malattia.
C’è persino un ex arbitro, Giovanni Nuvoli, sardo di Alghero, scomparso a 53 anni nel 2007, dopo che si era ammalato e lasciato morire di fame e sete.
Tra i casi che hanno maggiormente colpito l’opinione pubblica, quelli di Adriano Lombardi e Gianluca Signorini, rispettivamente capitani di Avellino e Genoa.

ultras on the wall


martedì 25 febbraio 2014

1985-2002 MILITANZA ULTRAS

Capita a volte di avere tante attese per un libro e, dopo averlo letto, di rimanere delusi… Per fortuna ogni tanto accade pure il contrario! Una notte qualsiasi a casa di un amico non si ha sonno ed allora l’occhio capita per caso su un libro: "1985-2002 Militanza Ultras" di Sergio Cavaliere.
"Che cazzo è? Parla della Reggina… Oddio! Va be’, non ho nulla da fare e meglio che stare a pensare troppo!"
Ed invece si finisce rapiti dalle pagine davvero ben scritte dell’autore! Ultras della Reggina per anni nel CUCN… Sì, perchè non è un libro che parla solo di ultras. C’è dentro tutto: vita, strada, politica, amori. Tutto con lucidità ed obiettività che fanno passare la voglia di leggere tutti i libri fatti con lo stampino dei cari inglesi!
Che altro? Ah, la casa editrice è la Lucio Pellegrini Editore e, come direbbe Salvatore Marino della Bibbia… Leggetelo questo bel libro!


Dalla serie : "la vergogna non ha limiti!"

Il calciatore Arcidiacono, alcuni mesi fa, venne sottoposto ad una vera e propria gogna giuridica e mediatica, per aver semplicemente sostenuto l'innocenza di Antonino Speziale, nonostante quest'ultimo fosse stato condannato, con sentenza definitiva, per l'omicidio dell'ispettore Raciti. Il calciatore venne squalificato dai campi di calcio e l'allora questore di Catanzaro, Guido Marino, gli affibbiò addirittura un DASPO di tre anni. 

Negli ultimi mesi diversi esponenti di alcuni noti sindacati di polizia (Coisp e Sap sopra tutti) hanno sostenuto apertamente (e continuano a farlo tutt'ora) l'innocenza dei quattro agenti condannati, in via definitiva, per l'omicidio di Federico Aldrovandi. Ma in questo caso non c'è stata nessuna levata di scudi da parte dei vari tutelatori della legalità e della giustizia. 


"I colleghi condannati nel caso Aldrovandi sono innocenti e vittime di un errore”. Ne è convinto il presidente nazionale del Sap Gianni Tonelli.Il vertice del Sap (Sindacato autonomo di polizia) si è radunato ieri a Ferrara per il congresso provinciale e per lanciare due progetti, la spy-pen in dotazione agli agenti e l’iniziativa #vialamenzogna (opposta a quella della famiglia, #vialadivisa, che chiedeva la destituzione dei poliziotti), “con la quale saremo in grado di dimostrare che in questi nove anni la maggior parte delle cose dette sono delle menzogne”. Tanto che all’appuntamento sono stati invitati anche i poliziotti condannati in via definitiva per omicidio colposo. E tre di loro, Paolo Forlani, Enzo Pontani e Luca Pollastri, hanno risposto all’appello. Tonelli li ha incontrati e “ci hanno ringraziato per quanto stiamo facendo. I fatti accaduti destano in loro dolore, ma sanno di essere innocenti e confidano che ci possa essere un domani il modo di riscrivere questa storia.




Questi personaggi possono liberamente esprimere il proprio giudizio e possono tranquillamente sostenere la presunta innocenza di quei quattro assassini senza incorrere in alcun tipo di sanzione. Chi invece prova solo a mettere in dubbio la colpevolezza di Speziale, viene perseguitato e additato come il peggiore dei delinquenti!
Mah...come al solito, due pesi e due misure!


A questo punto vorremo ricordare al Sign. Tonelli (che continua a pronunciare l'innocenza degli assassini) che il 21 giugno 2012  la corte di cassazione ha reso definitiva la condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione per "eccesso colposo in omicidio colposo" ai quattro poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri

In particolare la quarta sezione penale ha respinto il ricorso presentato dalla difesa dei quattro agenti contro la condanna che era già stata emessa dalla Corte d'Appello di Bologna. I poliziotti però hanno usufruito dell'indulto, che copre 36 dei 43 mesi di carcerazione previsti dalla condanna. In ogni caso, dopo l'attuazione di quest'ultima, scattano i provvedimenti disciplinari.


Il 29 gennaio 2013 il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha decretato il carcere per la pena residua di 6 mesi (dato che 3 anni erano stati condonati dall'indulto) nei confronti dei poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto e Luca Pollastri. Il provvedimento del Tribunale giunge dopo la richiesta avanzata dalProcuratore Generale.
Il 1 marzo 2013 viene respinta l'istanza della difesa del quarto poliziotto, Enzo Pontani, e dunque anche quest'ultimo viene condannato in via definitiva e sconterà la pena detentiva.
Il 18 marzo 2013 Monica Segatto, l'unica donna del gruppo, viene scarcerata sulla base del decreto Severino (lo "svuota-carceri") dopo un mese di detenzione e ammessa al regime degli arresti domiciliari.
Anche Paolo Forlani e Luca Pollastri avevano avanzato la richiesta di poter accedere alla misura meno afflittiva dei domiciliari, sempre appellandosi allo svuota-carceri; questa volta però il magistrato di sorveglianza ha respinto la domanda, confermando il carcere per i due agenti.
Tre dei quattro poliziotti (eccetto Forlani, a causa di una cura per "nevrosi reattiva") ritornano in servizio nel gennaio 2014, destinati a servizi amministrativi.
Inoltre , il 5 marzo 2010 altri tre poliziotti sono stati condannati nel processo Aldrovandi bis sui depistaggi nelle indagini mentre un quarto è stato rinviato a giudizio. La decisione sui depistaggi conferma l'ipotesi accusatoria dell'intralcio alle indagini fin dal primo momento. Le condanne sono state per:
  • Paolo Marino, dirigente dell'Upg all'epoca, a un anno di reclusione per omissione di atti d'ufficio, per aver indotto in errore il PM di turno, non facendola intervenire sul posto.
  • Marcello Bulgarelli, responsabile della centrale operativa, a dieci mesi per omissione e favoreggiamento.
  • Marco Pirani, ispettore di polizia giudiziaria, a otto mesi per non aver trasmesso, se non dopo diversi mesi, il brogliaccio degli interventi di quella mattina.



lunedì 24 febbraio 2014

Chi è Padoan?

l neo ministro dell’Economia è stato dirigente del Fmi e dell’Ocse. Ha contribuito alla crisi di Grecia e Portogallo. Il Nobel Krugman lo definì: «L’uomo dai cattivi consigli». 

«La riforma Fornero è stato un passo importante per la risoluzione dei problemi dell’Italia», dichiarò un anno fa il neo ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Ex dirigente del Fondo monetario internazionale, ex consulente della Bce ed ex vice segretario dell’Ocse, Padoan è di casa tra i potenti del mondo. Scelto personalmente dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e osannato dai grandi media italiani, il neo ministro non è stimato da tutti gli economisti, soprattutto da quelli non liberisti. Sentite cosa scrisse di lui sul “New York Times” il premio Nobel per l’economia Paul Krugman: «Certe volte gli economisti che ricoprono incarichi ufficiali danno cattivi consigli; altre volte danno consigli ancor peggiori; altre volte ancora lavorano all’Ocse»

Padoan era responsabile dell’Argentina per conto del Fondo monetario internazionale nell’anno in cui il Paese sudamericano fece default. A cosa si riferiva Krugman? Padoan è stato l’uomo che ha gestito per conto del Fondo monetario internazionale la crisi argentina. Nel 2001, Buenos Aires fu costretta a dichiarare fallimento dopo che le politiche liberiste e monetariste imposte dal Fmi (quindi, suggerite da Padoan) distrussero il tessuto sociale del Paese. In quegli anni il neo ministro si occupò anche di Grecia e Portogallo. Krugman scrisse in un altro articolo che furono proprio le ricette economiche «suggerite da Padoan a favorire la successiva crisi economica nei due Paesi». Ecco cosa dichiarò Padoan a proposito della crisi greca: «La Grecia si deve aiutare da sola, a noi spetta controllare che lo faccia e concederle il tempo necessario. La Grecia deve riformarsi, nell’amministrazione pubblica e nel lavoro». In altre parole, Atene avrebbe dovuto rendere il lavoro molto più flessibile, alleggerendo (licenziando) la macchina della pubblica amministrazione. Nel marzo del 2013, quando la Grecia era sull’orlo del collasso, l’allora numero due dell’Ocse suggerì più esplicitamente: «C’è necessità che il governo greco adotti una disciplina di bilancio rigorosa e di un continuo sforzo di risanamento dei conti pubblici, condizioni preventive per il varo di misure a sostegno dello sviluppo».

Padoan è stato per quattro anni responsabile per conto del Fmi della Grecia. Successivamente, ha influenzato le politiche economiche di Atene in qualità di vice presidente dell’Osce



La verità sulla resa del governo ucraino: Viatcheslav Vérémiï il giornalista ucciso.

Mentre le troupe televisive europee erano le benvenute nei luoghi della protesta ucraini, dove hanno intervistato i riottosi evitando accuratamente di mostrare immagini di manifestanti armati di fucili, pistole e persino cannoni (vedi fotogallery) e concentrandosi unicamente sulle violenze delle forze dell’ordine filo-governative (Nota: che ci sono senza dubbio state, non fraintendiamo. Ma c’è da dire che se pensiamo che molti ucraini sono scesi in piazza armati di fucili, è stata gestita fin troppo egregiamente. I cecchini hanno sparato solo ai manifestanti armati che aprivano il fuoco contro i palazzi o la polizia. Sono morti anche molti agenti. Se in una nazione europea accadesse qualcosa del genere, probabilmente i governi si sentirebbero autorizzati a fare una carneficina, visto che persino i pacifici manifestanti anti-austerity spagnoli e greci DISARMATI sono stati passati per pericolosi 
terroristi… il governo ucraino non ha usato la linea dura perché cosciente che sarebbe stato accusato di aver fatto una strage e per il governo sarebbe finita male, molto male. Il governo invece ha concordato una resa con una delegazione europea, che ha fermato immediatamente la rivolta.) 

Aveva 33 anni Viatcheslav, lascia una moglie e un figlio di 4 anni. Già nei mesi scorsi aveva pagato la sua passione per la verità prendendo tante di quelle botte da aver riportato danni agli occhi, ma ha continuato a fare il suo lavoro senza paura. Quando il taxi che lo trasportava è stato fermato, ha acceso la telecamera, aveva capito che non avrebbe fatto ritorno a casa. Ha cercato di documentare fino all’ultimo i fatti.


Mentre per tanti giornalisti “inviati di guerra” al servizio della disinformazione mediatica di sistema ci sono fior di riconoscimenti, di lui non ne parla nessuno, specialmente fuori dalla patria. In Italia rainews24 gli ha dedicato un articolo, SENZA SPECIFICARE che è stato massacrato dai riottosi pro-euro. 


Che la rivolta fosse alimentata da USA e UE, noi – come molti altri blogger liberi di tutto il mondo – lo avevamo detto subito. Poi sono emerse le PROVE schiaccianti, come l’intercettazione dell’ambasciatore Usa che discute su come rovesciare il governo ucraino, la “telefonata che rivela le trame Usa” e altro materiale 


Ma se qualcuno avesse ancora dubbi, basta valutare le modalità con la quale è arrivata la tregua; una delegazione europea si è recata a trattare con il governo ucraino, raggiungendo un’intesa che prevede elezioni anticipate, amnistia totale per i manifestanti armati, e il ritorno alla costituzione precedente a quella attuale, accusata di conferire un potere eccessivo al capo del governo.


Una volta siglato l’accordo, il delegato polacco della delegazione UE ha parlato con i capi della rivolta, il cosiddetto “servizio di sicurezza”, che ha provveduto a placare gli animi e hanno addirittura fatto cordone di sicurezza ai membri del governo che sono usciti dal palazzo.


La “resa” del governo è stata trattata dall’UE! Il governo ucraino ha ceduto; se avesse fatto un bagno di sangue, sparando ai manifestanti armati, avrebbero fatto la fine del governo di Assad. La situazione ucraina è molto simile a quella siriana: in entrambi i casi UE e USA hanno finanziato le opposizioni e alimentato la rivolta. L’unica differenza sta nel fatto che la maggioranza assoluta dei cittadini siriani si sono schierati dalla parte del governo, costringendo le forze ribelli ad assoldare mercenari provenienti da altre nazioni; in Ucraina invece sono riusciti a scagliare una parte della popolazione contro il governo, con il miraggio dell’Europa: ampie fasce di popolazione – quelle meno acculturate-informate – non sanno che entrare nell’UE non sarebbe niente di buono per la loro nazione; non sono a conoscenza del fatto che le nazioni che hanno aderito recentemente sono sprofondate immediatamente in una profonda crisi, mentre alcuni lo sanno bene, ma non gliene frega niente: pensano solo ai benefici della “libera circolazione” prevista con gli accordi di Shenghen, che gli consentirebbero di trasferirsi altrove, con il miraggio di un lavoro ben pagato e una vita migliore…