lunedì 31 marzo 2014

Di Giangiacomo-Morto di cancro dopo missione in Mozambico



Ucciso a 38 anni da un cancro fulminante. E' morto così Antonio Di Giangiacomo, originario di Sant'Egidio alla Vibrata. E' morto dopo una missione di pace e prima della nascita del terzo figlio. Ammazzato dall'inalazione o dal contatto con sostanze tossiche come mercurio, piombo e uranio impoverito nelle campagne del Mozambico. Dal 1992 veste i pani di caporal maggiore nel terzo reggimento artiglieri della Brigata alpina Julia. Dal febbraio all'aprile del 1994 è nel Paese dell'Africa Orientale con la missione di pace Albatros Fa parte del contingente italiano di caschi blu con il compito di sorvegliare la pace stipulata tra il governo di Chissano e i guerriglieri della Remnamo di Dhalakama. Il 21 aprile del 1994 viene congedato dopo un primo ricovero all’ospedale militare di Padova. E' l'inizio della fine. A raccontare il calvario della famiglia di Antonio e della moglie, rimasta con tre figli a casa, è l'avvocato Florindo Tribotti (in foto) che assiste la vedova. C'è una coltre di omertà su quanto accade in Mozambico. Dal 2000 ad oggi ben tre commissioni d’inchiesta hanno cercato, invano, di spiegare perché decine di militari sono morti di tumore e quali siano i collegamenti con sostanze tossiche. Oggi la famiglia di Antonio chiede un risarcimento danni al ministero della Difesa "perchè lui - dicono i parenti - ha sempre creduto nello Stato e con orgoglio ha indossato la divisa, ma la sua malattia è stata sicuramente causata da sostanze maneggiate durante la carriera militare". Antonio è morto per il cancro al fegato all'ospedale di Ancona. Lì i medici hanno redatto referti che evidenziano una situazione complessa con il male che ha continuato ad aggredirlo dal '94 al 2012. Un continuo calvario quello di Antonio che fa la spola da un ospedale all'altro. Le commissioni d’inchiesta dal 2000 al 2013 hanno sostenuto che sussistono diversi fattori scatenati le malattie dei soldati, escludendo un nesso stretto e dimostrabile tra queste e l’uranio. Ma la famiglia di Antonio chiede chiarezza e vuole conoscere la verità. La verità del perché tre bambini dovranno crescere senza un padre.

lunedì 17 marzo 2014

Oggi avrebbe compiuto 50 anni... AUGURI STEFANO!

Un elenco completo ed esauriente forse non verrà mai stilato: troppo complessa la vicenda, troppe le diramazioni della “Sla”, o “Morbo di Gehrig”, la malattia che uccide molti calciatori di varie età e che prende il nome da un ex giocatore di baseball.
Per questo non è semplice elencare le “morti sospette” che hanno preceduto quella di Stefano Borgonovo. Troppi i casi di diverse ramificazioni della malattia, ma anche troppi i casi non ancora accertati.
E anche tra quelli noti ai calciofili, si va dai 31 anni di Lauro Minghelliai 78 di Fulvio Bernardini. Non è chiaro chi e quando colpisce, così come non si capisce se vi siano ruoli con maggior incidenza, come ad esempio i centrocampisti.
E poi ci sono tutti i dilettanti: alcune morti non sono mai finite sui giornali. In alcune situazioni, la famiglia non vuole rendere note le generalità dell’ex calciatore colpito dalla malattia.
C’è persino un ex arbitro, Giovanni Nuvoli, sardo di Alghero, scomparso a 53 anni nel 2007, dopo che si era ammalato e lasciato morire di fame e sete.
Tra i casi che hanno maggiormente colpito l’opinione pubblica, quelli di Adriano Lombardi e Gianluca Signorini, rispettivamente capitani di Avellino e Genoa.

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