martedì 25 febbraio 2014

1985-2002 MILITANZA ULTRAS

Capita a volte di avere tante attese per un libro e, dopo averlo letto, di rimanere delusi… Per fortuna ogni tanto accade pure il contrario! Una notte qualsiasi a casa di un amico non si ha sonno ed allora l’occhio capita per caso su un libro: "1985-2002 Militanza Ultras" di Sergio Cavaliere.
"Che cazzo è? Parla della Reggina… Oddio! Va be’, non ho nulla da fare e meglio che stare a pensare troppo!"
Ed invece si finisce rapiti dalle pagine davvero ben scritte dell’autore! Ultras della Reggina per anni nel CUCN… Sì, perchè non è un libro che parla solo di ultras. C’è dentro tutto: vita, strada, politica, amori. Tutto con lucidità ed obiettività che fanno passare la voglia di leggere tutti i libri fatti con lo stampino dei cari inglesi!
Che altro? Ah, la casa editrice è la Lucio Pellegrini Editore e, come direbbe Salvatore Marino della Bibbia… Leggetelo questo bel libro!


Dalla serie : "la vergogna non ha limiti!"

Il calciatore Arcidiacono, alcuni mesi fa, venne sottoposto ad una vera e propria gogna giuridica e mediatica, per aver semplicemente sostenuto l'innocenza di Antonino Speziale, nonostante quest'ultimo fosse stato condannato, con sentenza definitiva, per l'omicidio dell'ispettore Raciti. Il calciatore venne squalificato dai campi di calcio e l'allora questore di Catanzaro, Guido Marino, gli affibbiò addirittura un DASPO di tre anni. 

Negli ultimi mesi diversi esponenti di alcuni noti sindacati di polizia (Coisp e Sap sopra tutti) hanno sostenuto apertamente (e continuano a farlo tutt'ora) l'innocenza dei quattro agenti condannati, in via definitiva, per l'omicidio di Federico Aldrovandi. Ma in questo caso non c'è stata nessuna levata di scudi da parte dei vari tutelatori della legalità e della giustizia. 


"I colleghi condannati nel caso Aldrovandi sono innocenti e vittime di un errore”. Ne è convinto il presidente nazionale del Sap Gianni Tonelli.Il vertice del Sap (Sindacato autonomo di polizia) si è radunato ieri a Ferrara per il congresso provinciale e per lanciare due progetti, la spy-pen in dotazione agli agenti e l’iniziativa #vialamenzogna (opposta a quella della famiglia, #vialadivisa, che chiedeva la destituzione dei poliziotti), “con la quale saremo in grado di dimostrare che in questi nove anni la maggior parte delle cose dette sono delle menzogne”. Tanto che all’appuntamento sono stati invitati anche i poliziotti condannati in via definitiva per omicidio colposo. E tre di loro, Paolo Forlani, Enzo Pontani e Luca Pollastri, hanno risposto all’appello. Tonelli li ha incontrati e “ci hanno ringraziato per quanto stiamo facendo. I fatti accaduti destano in loro dolore, ma sanno di essere innocenti e confidano che ci possa essere un domani il modo di riscrivere questa storia.




Questi personaggi possono liberamente esprimere il proprio giudizio e possono tranquillamente sostenere la presunta innocenza di quei quattro assassini senza incorrere in alcun tipo di sanzione. Chi invece prova solo a mettere in dubbio la colpevolezza di Speziale, viene perseguitato e additato come il peggiore dei delinquenti!
Mah...come al solito, due pesi e due misure!


A questo punto vorremo ricordare al Sign. Tonelli (che continua a pronunciare l'innocenza degli assassini) che il 21 giugno 2012  la corte di cassazione ha reso definitiva la condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione per "eccesso colposo in omicidio colposo" ai quattro poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri

In particolare la quarta sezione penale ha respinto il ricorso presentato dalla difesa dei quattro agenti contro la condanna che era già stata emessa dalla Corte d'Appello di Bologna. I poliziotti però hanno usufruito dell'indulto, che copre 36 dei 43 mesi di carcerazione previsti dalla condanna. In ogni caso, dopo l'attuazione di quest'ultima, scattano i provvedimenti disciplinari.


Il 29 gennaio 2013 il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha decretato il carcere per la pena residua di 6 mesi (dato che 3 anni erano stati condonati dall'indulto) nei confronti dei poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto e Luca Pollastri. Il provvedimento del Tribunale giunge dopo la richiesta avanzata dalProcuratore Generale.
Il 1 marzo 2013 viene respinta l'istanza della difesa del quarto poliziotto, Enzo Pontani, e dunque anche quest'ultimo viene condannato in via definitiva e sconterà la pena detentiva.
Il 18 marzo 2013 Monica Segatto, l'unica donna del gruppo, viene scarcerata sulla base del decreto Severino (lo "svuota-carceri") dopo un mese di detenzione e ammessa al regime degli arresti domiciliari.
Anche Paolo Forlani e Luca Pollastri avevano avanzato la richiesta di poter accedere alla misura meno afflittiva dei domiciliari, sempre appellandosi allo svuota-carceri; questa volta però il magistrato di sorveglianza ha respinto la domanda, confermando il carcere per i due agenti.
Tre dei quattro poliziotti (eccetto Forlani, a causa di una cura per "nevrosi reattiva") ritornano in servizio nel gennaio 2014, destinati a servizi amministrativi.
Inoltre , il 5 marzo 2010 altri tre poliziotti sono stati condannati nel processo Aldrovandi bis sui depistaggi nelle indagini mentre un quarto è stato rinviato a giudizio. La decisione sui depistaggi conferma l'ipotesi accusatoria dell'intralcio alle indagini fin dal primo momento. Le condanne sono state per:
  • Paolo Marino, dirigente dell'Upg all'epoca, a un anno di reclusione per omissione di atti d'ufficio, per aver indotto in errore il PM di turno, non facendola intervenire sul posto.
  • Marcello Bulgarelli, responsabile della centrale operativa, a dieci mesi per omissione e favoreggiamento.
  • Marco Pirani, ispettore di polizia giudiziaria, a otto mesi per non aver trasmesso, se non dopo diversi mesi, il brogliaccio degli interventi di quella mattina.



lunedì 24 febbraio 2014

Chi è Padoan?

l neo ministro dell’Economia è stato dirigente del Fmi e dell’Ocse. Ha contribuito alla crisi di Grecia e Portogallo. Il Nobel Krugman lo definì: «L’uomo dai cattivi consigli». 

«La riforma Fornero è stato un passo importante per la risoluzione dei problemi dell’Italia», dichiarò un anno fa il neo ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Ex dirigente del Fondo monetario internazionale, ex consulente della Bce ed ex vice segretario dell’Ocse, Padoan è di casa tra i potenti del mondo. Scelto personalmente dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e osannato dai grandi media italiani, il neo ministro non è stimato da tutti gli economisti, soprattutto da quelli non liberisti. Sentite cosa scrisse di lui sul “New York Times” il premio Nobel per l’economia Paul Krugman: «Certe volte gli economisti che ricoprono incarichi ufficiali danno cattivi consigli; altre volte danno consigli ancor peggiori; altre volte ancora lavorano all’Ocse»

Padoan era responsabile dell’Argentina per conto del Fondo monetario internazionale nell’anno in cui il Paese sudamericano fece default. A cosa si riferiva Krugman? Padoan è stato l’uomo che ha gestito per conto del Fondo monetario internazionale la crisi argentina. Nel 2001, Buenos Aires fu costretta a dichiarare fallimento dopo che le politiche liberiste e monetariste imposte dal Fmi (quindi, suggerite da Padoan) distrussero il tessuto sociale del Paese. In quegli anni il neo ministro si occupò anche di Grecia e Portogallo. Krugman scrisse in un altro articolo che furono proprio le ricette economiche «suggerite da Padoan a favorire la successiva crisi economica nei due Paesi». Ecco cosa dichiarò Padoan a proposito della crisi greca: «La Grecia si deve aiutare da sola, a noi spetta controllare che lo faccia e concederle il tempo necessario. La Grecia deve riformarsi, nell’amministrazione pubblica e nel lavoro». In altre parole, Atene avrebbe dovuto rendere il lavoro molto più flessibile, alleggerendo (licenziando) la macchina della pubblica amministrazione. Nel marzo del 2013, quando la Grecia era sull’orlo del collasso, l’allora numero due dell’Ocse suggerì più esplicitamente: «C’è necessità che il governo greco adotti una disciplina di bilancio rigorosa e di un continuo sforzo di risanamento dei conti pubblici, condizioni preventive per il varo di misure a sostegno dello sviluppo».

Padoan è stato per quattro anni responsabile per conto del Fmi della Grecia. Successivamente, ha influenzato le politiche economiche di Atene in qualità di vice presidente dell’Osce



La verità sulla resa del governo ucraino: Viatcheslav Vérémiï il giornalista ucciso.

Mentre le troupe televisive europee erano le benvenute nei luoghi della protesta ucraini, dove hanno intervistato i riottosi evitando accuratamente di mostrare immagini di manifestanti armati di fucili, pistole e persino cannoni (vedi fotogallery) e concentrandosi unicamente sulle violenze delle forze dell’ordine filo-governative (Nota: che ci sono senza dubbio state, non fraintendiamo. Ma c’è da dire che se pensiamo che molti ucraini sono scesi in piazza armati di fucili, è stata gestita fin troppo egregiamente. I cecchini hanno sparato solo ai manifestanti armati che aprivano il fuoco contro i palazzi o la polizia. Sono morti anche molti agenti. Se in una nazione europea accadesse qualcosa del genere, probabilmente i governi si sentirebbero autorizzati a fare una carneficina, visto che persino i pacifici manifestanti anti-austerity spagnoli e greci DISARMATI sono stati passati per pericolosi 
terroristi… il governo ucraino non ha usato la linea dura perché cosciente che sarebbe stato accusato di aver fatto una strage e per il governo sarebbe finita male, molto male. Il governo invece ha concordato una resa con una delegazione europea, che ha fermato immediatamente la rivolta.) 

Aveva 33 anni Viatcheslav, lascia una moglie e un figlio di 4 anni. Già nei mesi scorsi aveva pagato la sua passione per la verità prendendo tante di quelle botte da aver riportato danni agli occhi, ma ha continuato a fare il suo lavoro senza paura. Quando il taxi che lo trasportava è stato fermato, ha acceso la telecamera, aveva capito che non avrebbe fatto ritorno a casa. Ha cercato di documentare fino all’ultimo i fatti.


Mentre per tanti giornalisti “inviati di guerra” al servizio della disinformazione mediatica di sistema ci sono fior di riconoscimenti, di lui non ne parla nessuno, specialmente fuori dalla patria. In Italia rainews24 gli ha dedicato un articolo, SENZA SPECIFICARE che è stato massacrato dai riottosi pro-euro. 


Che la rivolta fosse alimentata da USA e UE, noi – come molti altri blogger liberi di tutto il mondo – lo avevamo detto subito. Poi sono emerse le PROVE schiaccianti, come l’intercettazione dell’ambasciatore Usa che discute su come rovesciare il governo ucraino, la “telefonata che rivela le trame Usa” e altro materiale 


Ma se qualcuno avesse ancora dubbi, basta valutare le modalità con la quale è arrivata la tregua; una delegazione europea si è recata a trattare con il governo ucraino, raggiungendo un’intesa che prevede elezioni anticipate, amnistia totale per i manifestanti armati, e il ritorno alla costituzione precedente a quella attuale, accusata di conferire un potere eccessivo al capo del governo.


Una volta siglato l’accordo, il delegato polacco della delegazione UE ha parlato con i capi della rivolta, il cosiddetto “servizio di sicurezza”, che ha provveduto a placare gli animi e hanno addirittura fatto cordone di sicurezza ai membri del governo che sono usciti dal palazzo.


La “resa” del governo è stata trattata dall’UE! Il governo ucraino ha ceduto; se avesse fatto un bagno di sangue, sparando ai manifestanti armati, avrebbero fatto la fine del governo di Assad. La situazione ucraina è molto simile a quella siriana: in entrambi i casi UE e USA hanno finanziato le opposizioni e alimentato la rivolta. L’unica differenza sta nel fatto che la maggioranza assoluta dei cittadini siriani si sono schierati dalla parte del governo, costringendo le forze ribelli ad assoldare mercenari provenienti da altre nazioni; in Ucraina invece sono riusciti a scagliare una parte della popolazione contro il governo, con il miraggio dell’Europa: ampie fasce di popolazione – quelle meno acculturate-informate – non sanno che entrare nell’UE non sarebbe niente di buono per la loro nazione; non sono a conoscenza del fatto che le nazioni che hanno aderito recentemente sono sprofondate immediatamente in una profonda crisi, mentre alcuni lo sanno bene, ma non gliene frega niente: pensano solo ai benefici della “libera circolazione” prevista con gli accordi di Shenghen, che gli consentirebbero di trasferirsi altrove, con il miraggio di un lavoro ben pagato e una vita migliore…




sabato 22 febbraio 2014

Verità per Aldrovandi!

Cinquemila persone sono scese in piazza a Ferrara in occasione del corteo ViaLaDivisa convocato per chiedere l'immediata espulsione dalle forze dell'ordine degli agenti che nel 2005 uccisero di botte il diciottenne Federico Aldrovandi.
L’associazione di famigliari, amici e compagni di Federico Aldrovandi ha quindi convocato un corteo che ha sfilato per Ferrara - città natale di Aldro - chiedendo che gli assassini del ragazzo vengano privati per sempre della possibilità di lavorare all'interno delle forze dell'ordine, una richiesta tanto basilare quanto fondamentale, un gesto di rispetto verso la morte di Federico dopo anni di umiliazioni, inchieste insabbiate e insulti che la sua famiglia ha dovuto subire.
Il corteo è partito da via Ippodromo, la stessa in cui Aldro fu fermato in quella notte del 25 settembre 2005 per quello che doveva essere un semplice controllo di polizia ma che invece si trasformò in un pestaggio mortale, ed è arrivato fin sotto la Prefettura, dove una delegazione ha consegnato le richieste della piazza. Tantissime le persone che hanno preso parte alla manifestazione: in prima linea i genitori di Federico, che in tutti questi anni non hanno mai spesso di portare avanti la propria battaglia per la verità, ma anche amici, familari, soprattutto familiari e vittime di altri eclatanti casi di abusi di polizia, come Ilaria Cucchi e Lucia Uva.Inoltre la presenza di gruppi ultras provenienti da tutta Italia;oltre alle curve di Bologna e Spal,presenza anche di Brescia,Lecce,Sant'Egidio alla Vibrata,Giulianova e Reggio.
Una giornata importante per ricordare una volta di più da che parte sta la verità nella vicenda della morte di Federico Aldrovandi, per pretendere rispetto e giustizia e per ricordare che in tutta Italia dalle strade, alle carceri, alle stanze dei commissariati sono ancora troppi i casi in cui la polizia tortura e uccide al riparo della propria divisa.