mercoledì 14 maggio 2014

Catania: la vedova Raciti

Era il 2 febbraio 2007 quando l’ispettore Filippo Raciti perse la vita durante il derby Catania – Palermo svoltosi allo stadio Massimino. Morte riconosciuta e sentita a livello nazionale, come d’uopo, non solo perché l’ispettore Raciti è morto durante lo svolgimento del servizio, ma perché lasciava una famiglia composta da due bambini ed una moglie.
Da Palermo vengono rilanciate le ombre. Stando a Fabio Mazzarella di www.palermochannel.tv, diversi sono stati gli aiuti economici in favore della famiglia Raciti – Grasso: “l’Associazione Italiana Arbitri, ha donato 30.000 Euro; a seguire, il Governo ha risarcito moralmente la famiglia di 75.000 mila euro per ognuno dei figli; ed ancora raccolte fondi e collette di vera e propria beneficenza per una donna “afflitta dal dolore” a causa dell’assurda perdita del marito”.

E fino a qui sembrerebbe tutto normale se non fosse che, in realtà, la giovane vedovella “non andava per niente d’accordo con il marito essendo: sposati, si, ma separati!” Una parte di questi fondi, ricevuti dalla “vedova”, sono stati investiti in una “villa ad Acitrezza in cui abita con il suo attuale compagno ex collega del defunto!” Non solo, ma la “signora vedova”, ad onor del giusto, spesso e volentieri è stata presente in programmi tv, lamentandosi della città di Catania, mettendo in evidenza alcune delle inefficienze legate alla sicurezza, all’inciviltà e disquisendo di problematiche sociali inappuntabili.
Nonostante la comunità catanese la invitasse a non esporsi più in pubblico, perchè “u sovecchiu e comu u mancanti” lei continuò a parlare e straparlare, facendo accrescere le “donazioni” per lei e per i suoi due figli. I fondi crebbero a tal punto che riuscì anche ad acquistare “una villa in Sardegna in cui passa le vacanze con figli e fidanzato!” Un caso quello della vedova Raciti costruito per lo più dalla stampa, che ha indotto tutta l’Italia a “donare” conforto (e non solo) a questa giovane donna, che indubbiamente ha trovato il modo di consolarsi.
L’opinione pubblica, dunque, è stata abbindolata dai media attraverso la figura afflitta, sconvolta e disperata di una giovane donna con a carico due figli. Noi non siamo qui, per giudicare la condotta morale della Signora Grasso poiché, si sa, chi “muore giace e chi vive si da pace”, e non vogliamo neanche sembrarvi cinici o spudorati nel linguaggio, ma la verità non sta mai da una parte sola. Oggi la stampa è in grado di manipolare le coscienze, svelare e tenere nascosti fatti, o addirittura camuffarli, ma è anche giusto dare spazio a questo genere di notizie per creare un confronto sano.
Vi sono tantissimi militari, rientrati dalla missione in Kosovo, malati di tumore che non percepiscono neanche lo stipendio, poiché lo Stato non gli riconosce la causa di servizio; migliaia di figli di vittime del dovere in attesa di essere riconosciuti come tali; tantissime donne perdono i loro uomini sul lavoro (morti bianche) e non hanno il diritto di esporsi con la stampa, non chiedono nulla perché spesso nei loro confronti si alza un muro di omertà, che spinge gli stessi lavoratori a tacere.

sabato 10 maggio 2014

Pestaggio,chiesta condanna 9 agenti


A 4 anni dal pestaggio di Stefano Gugliotta, avvenuto a Roma nel dopo partita della finale di Coppa Italia, la Procura di Roma ha chiesto la condanna per nove agenti del reparto celere della polizia. Sono accusati di lesioni personali gravissime. La pena più severa chiesta dal pm Pierluigi Cipolla è per Leonardo Mascia, il poliziotto che fermò il giovane: rischia tre anni. A tutti gli imputati sono state concesse le attenuanti generiche.

lunedì 5 maggio 2014

Cosa è successo in Fiorentina Napoli? Non chiedetelo ai giornalisti!!

Quando si vuol comprendere qualcosa di un fatto di cronaca, capita ancora – per riflesso condizionato – di affidarsi agli organi di stampa. Poi arriva una giornata come quella della finale di coppa italia ed ecco che l’illusione svanisce.
L’immediata vigilia di Fiorentina Napoli si apre con una sparatoria a Tor di Quinto, nei pressi di un vivaio. Tre tifosi del Napoli restano feriti, uno è in condizioni gravissime.
Cosa è accaduto esattamente? Difficile capirlo a caldo. Almeno stando a sentire i resoconti degli organi di stampa.

Del tutto dimentichi del vecchio adagio secondo cui un giornalista dovrebbe quantomeno diffidare delle verità ufficiali, i media (la Rai in primis) contribuiscono ad alimentare la confusione.
Da quando si diffonde la notizia del ferimento del tifoso napoletano, la tv di Stato e gli altri grandi organi di informazione non fanno altro che rilanciare la versione della questura, senza mai metterla realmente in discussione.
Per quanto illogica, la versione che viene ribadita fino al termine dei 90 minuti di gioco è sempre la stessa, ripresa letteralmente dal comunicato ufficiale delle autorità: «al momento il triplice ferimento non sembra essere collegato a scontri tra tifosi, ma avrebbe cause occasionali». Questa è la sola verità che passa per tre ore buone.

Scordatevi il tifo, scordatevi le rivalità accese tra le tifoserie (direttamente e indirettamente) coinvolte nell’evento romano. Il calcio non c’entra un tubo, si tratta solo di criminalità. Il fatto che di mezzo, nella veste di vittime, ci siano dei tifosi è un puro caso.
Poco credibile? Non per i giornalisti Rai, che in telecronaca, prima e durante la partita, ribadiscono il concetto.
Stessa versione sui media online. Tutto gira attorno al vivaio in cui sarebbe stata ritrovata la pistola. E’ stato proprio il vivaista a sparare? E quale folle ragione lo avrebbe spinto all’insano gesto? Si vagliano le ipotesi più varie.

L’attenzione intanto viene tutta spostata su quello che diventerà l’eroe nero della serata, il capo ultras napoletano Gennaro De Tommaso
E’ lui, raccontano in Nostri, che – al termine di un breve conciliabolo sotto la curva con il capitano del Napoli Marek Hamsik – dà il via libera per dare il via alla partita, nonostante le tensione crescente.
A nessuno viene in mente che a prendere la decisione di giocare, assumendosi tutte le responsabilità del caso, è sempre il prefetto. Non De Tommaso, né Hamsik.

Scrive oggi su Repubblica Carlo Bonini:
“Così convengono, già intorno alle 19.30, il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro e questore Massimo Mazza”.
Lo stesso questore Mazza oggi torna sull’argomento e precisa:
“Non c’è stata alcuna trattativa con gli ultras del Napoli. Non abbiamo mai pensato di non far giocare la partita”.
Secondo Mazza, è stato solo accordato al capitano del Napoli di informare i tifosi, su richiesta di questi, sulle condizioni di salute del ferito.
La versione che è passata nel frattempo, però, è un’altra, e tale (ci si può scommettere) resterà.
Adesso che hanno trovato il “cattivo” di turno, i media preferiscono soffermarsi su questa affascinante figura. Ci raccontano la biografia del personaggio, “figlio di Ciro De Tommaso, ritenuto affiliato al clan camorristico del Rione Sanità dei Misso. La sua leadership nella curva è nota da tempo: dapprima come capo del gruppo dei ‘Mastiffs’, e successivamente alla guida dell’intera curva A del San Paolo”.
E’ stato lui a decidere di giocare, ci dicono. È stata la camorra, dice qualcun’altro.Invece le forze dell’ordine, le autorità preposte, in questo teatrino non ci sono mai. Subiscono il diktat, è normale anche questo.
Nessuno sottolinea che l’elezione dei capi ultras a mediatori non è una fatalità del caso, ma una pratica antica (in Italia), resa possibile dalla compiacenza più o meno spontanea di società, giocatori e forze dell’ordine. Vabbe’.
Contrordine, il calcio c’entra
Poi c’è il brutto episodio dell’inno nazionale. A parte Renzi, in tribuna, sono in pochi a cantarlo. I napoletani fanno di più: fischiano. Anche questo aspetto verrà sottolineato a lungo dai media. Indignatissimi, più di tutti, i telecronisti Rai.
Intanto la partita si gioca. La curva nord (quella occupata dai tifosi azzurri) resta in silenzio come annunciato. La sud, occupata dai supporter viola, alterna cori di sostegno alla propria squadra a inni al Vesuvio sterminatore. Un po’ di indignazione ci scappa anche qui.
Alla fine vince il Napoli, per 3-1. Segue invasione di campo. Segue premiazione e festeggiamenti di rito. La tragedia di pochi minuti prima pare dimenticata.
Sono quasi le due di notte quando arriva un nuovo lancio di agenzia.

Si scopre che a essere fermato per la sparatoria di Tor di Quinto è un ultras della Roma. L’uomo, accusato di tentato omicidio, si trova al Gemelli dove viene curato per il ferimento di una gamba. Sarebbe stato lui a provocare i tifosi napoletani lanciandogli contro fumogeni. Alla loro reazione, avrebbe risposto sparando.
Si scopre anche che il soggetto in questione era stato coinvolto nella vicenda giudiziaria seguita al derby Roma Lazio del 2004, quello del bambino “morto”, sospeso proprio su “richiesta” dei leader delle due curve romane.



domenica 4 maggio 2014

Votare non serve, l'Unione Europea è una farsa


Renzi “sfida l’Europa”, come afferma il Corriere della Sera, gridando ai quattro venti che l’Italia terrà fede ai parametri di Maastricht. Se non fosse che tali affermazioni riguardano sessanta milioni di cittadini italiani troveremmo paradossale o addirittura grottesca la situazione in cui si muove il capo del governo e le leggi che promette di mettere in atto entro i prossimi mesi. Sembra, infatti, che Renzi e tutti i politici insieme a lui, si siano dimenticati che la Consulta ha dichiarato incostituzionale la legge con la quale l’attuale Parlamento è stato eletto. Di che cosa parla, dunque, Renzi? Riformare la Costituzione mentre si è fuori dalla Costituzione? È così sproporzionato alla realtà il suo vagheggiare: ad aprile questo, a maggio quest’altro, che si finisce col lasciarsi trasportare nel mondo surreale dei suoi sogni.
È atrocemente squallido invece, e tuttavia altrettanto paradossale, l’affannarsi di tutti i politici per convincere gli italiani a votarli alle prossime elezioni europee, assicurandoli che combatteranno così contro l’euro, contro i tanto odiati burocrati di Bruxelles. Poveri italiani! Non si rendono conto che a coloro che perseguono la mondializzazione distruggendo i singoli Stati, ai veri unici Capi di cui non conosciamo il nome, l’unica cosa che serve è che i cittadini votino, riconoscendo così la validità dell’Unione europea. Non ha nessuna importanza a quale scopo votino: il “parlamento europeo” è una finzione visto che l’Unione europea non è uno Stato. Serve a fornire ricchissime poltrone ai politici, ma il trattato di Lisbona ha certificato l’impossibilità dell’Ue di diventare uno Stato. Soltanto uno Stato, ovviamente, può godere di un “parlamento”, tanto che perfino i costruttori dell’Unione europea non hanno riconosciuto al parlamento un’autonoma capacità di fare leggi. Siamo dunque, anche in Europa, nel mondo surreale di cui parlavamo a proposito di Renzi il quale infatti assicura, navigando a vele spiegate nel suo Superuranio, che si vedrà di che cosa l’Italia è capace quando assumerà con il prossimo semestre la guida dell’Europa.

In Italia, però, i politici somigliano tutti a dei piccoli e forse meno simpatici “renzi”. Mantenere la finzione rappresenta la parte più cospicua della loro attività. L’impero europeo deve continuare a esistere, o meglio a fingere di esistere agli occhi dei poveri cittadini che del trattato di Lisbona così come dei parametri di Maastricht non sanno nulla. La bandiera europea, che il trattato obbliga ad esporre soltanto nel giorno della festa dell’Europa, in Italia affianca sempre i governanti e sventola perfino sulla caserma del Comando generale dei Carabinieri, non si sa in base a quale precetto. Roma sembra la succursale di Bruxelles o di Strasburgo: è tutto uno sventolio di bandiere celesti piene di stelle che fingono l’esistenza di un Impero immaginario. Dato che non è uno Stato ma semplicemente un’organizzazione internazionale, l’Ue non può concedere nessuna cittadinanza, concessione che pertanto è illegittima; è illegittima la costituzione di una Banca  estranea agli Stati come la Bce (che infatti appartiene per la sua massima parte ad azionisti privati) ed è illegittima, e dunque invalida, la cessione della sovranità monetaria ad una banca privata che i governanti italiani hanno fatto in nome dell’articolo 11 della Costituzione.
 E i famosi parametri di Maastricht, quelli per i quali ci siamo svenati fin dall’inizio quando i cari Prodi, Ciampi, Amato ci esortavano a soffrire pur di poter entrare nell’eldorado dell’euro? Ebbene di quei parametri è stato detto di tutto. Ci si sono messi i maggiori economisti, banchieri, Premi Nobel d’Europa e d’America, a definirli: arbitrari, cervellotici, bislacchi, perfino “stupidi” (parola di Prodi, il quale non si vergogna mai di se stesso), ma Renzi insiste: “Dimostreremo che siamo capaci di tenervi fede”. Surreale, grottesca, folle? Non si trovano parole per descrivere la situazione di degrado logico, di straripamento da qualsiasi regola di ordine politico e sociale, di abbandono di ogni principio di realtà nel quale nuotano ormai senza sapere dove vanno politici, giornalisti, intellettuali. Esaltano l’Europa gridando: “Credo perché è assurdo”.
È indispensabile che almeno quei gruppi di cittadini che criticano le istituzioni europee, che vogliono la riappropriazione della sovranità sulla moneta e su tutto l’ambito che riguarda la Nazione e il suo territorio, non vadano a votare alle elezioni europee e convincano il maggior numero possibile di cittadini a non andarvi a causa della loro illegittimità. Bisogna che piuttosto si uniscano in un solo partito per ottenere al più presto il ritorno alla legalità con nuove elezioni  e imporre nel parlamento italiano l’uscita dall’euro e dalle normative europee.