lunedì 5 maggio 2014

Cosa è successo in Fiorentina Napoli? Non chiedetelo ai giornalisti!!

Quando si vuol comprendere qualcosa di un fatto di cronaca, capita ancora – per riflesso condizionato – di affidarsi agli organi di stampa. Poi arriva una giornata come quella della finale di coppa italia ed ecco che l’illusione svanisce.
L’immediata vigilia di Fiorentina Napoli si apre con una sparatoria a Tor di Quinto, nei pressi di un vivaio. Tre tifosi del Napoli restano feriti, uno è in condizioni gravissime.
Cosa è accaduto esattamente? Difficile capirlo a caldo. Almeno stando a sentire i resoconti degli organi di stampa.

Del tutto dimentichi del vecchio adagio secondo cui un giornalista dovrebbe quantomeno diffidare delle verità ufficiali, i media (la Rai in primis) contribuiscono ad alimentare la confusione.
Da quando si diffonde la notizia del ferimento del tifoso napoletano, la tv di Stato e gli altri grandi organi di informazione non fanno altro che rilanciare la versione della questura, senza mai metterla realmente in discussione.
Per quanto illogica, la versione che viene ribadita fino al termine dei 90 minuti di gioco è sempre la stessa, ripresa letteralmente dal comunicato ufficiale delle autorità: «al momento il triplice ferimento non sembra essere collegato a scontri tra tifosi, ma avrebbe cause occasionali». Questa è la sola verità che passa per tre ore buone.

Scordatevi il tifo, scordatevi le rivalità accese tra le tifoserie (direttamente e indirettamente) coinvolte nell’evento romano. Il calcio non c’entra un tubo, si tratta solo di criminalità. Il fatto che di mezzo, nella veste di vittime, ci siano dei tifosi è un puro caso.
Poco credibile? Non per i giornalisti Rai, che in telecronaca, prima e durante la partita, ribadiscono il concetto.
Stessa versione sui media online. Tutto gira attorno al vivaio in cui sarebbe stata ritrovata la pistola. E’ stato proprio il vivaista a sparare? E quale folle ragione lo avrebbe spinto all’insano gesto? Si vagliano le ipotesi più varie.

L’attenzione intanto viene tutta spostata su quello che diventerà l’eroe nero della serata, il capo ultras napoletano Gennaro De Tommaso
E’ lui, raccontano in Nostri, che – al termine di un breve conciliabolo sotto la curva con il capitano del Napoli Marek Hamsik – dà il via libera per dare il via alla partita, nonostante le tensione crescente.
A nessuno viene in mente che a prendere la decisione di giocare, assumendosi tutte le responsabilità del caso, è sempre il prefetto. Non De Tommaso, né Hamsik.

Scrive oggi su Repubblica Carlo Bonini:
“Così convengono, già intorno alle 19.30, il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro e questore Massimo Mazza”.
Lo stesso questore Mazza oggi torna sull’argomento e precisa:
“Non c’è stata alcuna trattativa con gli ultras del Napoli. Non abbiamo mai pensato di non far giocare la partita”.
Secondo Mazza, è stato solo accordato al capitano del Napoli di informare i tifosi, su richiesta di questi, sulle condizioni di salute del ferito.
La versione che è passata nel frattempo, però, è un’altra, e tale (ci si può scommettere) resterà.
Adesso che hanno trovato il “cattivo” di turno, i media preferiscono soffermarsi su questa affascinante figura. Ci raccontano la biografia del personaggio, “figlio di Ciro De Tommaso, ritenuto affiliato al clan camorristico del Rione Sanità dei Misso. La sua leadership nella curva è nota da tempo: dapprima come capo del gruppo dei ‘Mastiffs’, e successivamente alla guida dell’intera curva A del San Paolo”.
E’ stato lui a decidere di giocare, ci dicono. È stata la camorra, dice qualcun’altro.Invece le forze dell’ordine, le autorità preposte, in questo teatrino non ci sono mai. Subiscono il diktat, è normale anche questo.
Nessuno sottolinea che l’elezione dei capi ultras a mediatori non è una fatalità del caso, ma una pratica antica (in Italia), resa possibile dalla compiacenza più o meno spontanea di società, giocatori e forze dell’ordine. Vabbe’.
Contrordine, il calcio c’entra
Poi c’è il brutto episodio dell’inno nazionale. A parte Renzi, in tribuna, sono in pochi a cantarlo. I napoletani fanno di più: fischiano. Anche questo aspetto verrà sottolineato a lungo dai media. Indignatissimi, più di tutti, i telecronisti Rai.
Intanto la partita si gioca. La curva nord (quella occupata dai tifosi azzurri) resta in silenzio come annunciato. La sud, occupata dai supporter viola, alterna cori di sostegno alla propria squadra a inni al Vesuvio sterminatore. Un po’ di indignazione ci scappa anche qui.
Alla fine vince il Napoli, per 3-1. Segue invasione di campo. Segue premiazione e festeggiamenti di rito. La tragedia di pochi minuti prima pare dimenticata.
Sono quasi le due di notte quando arriva un nuovo lancio di agenzia.

Si scopre che a essere fermato per la sparatoria di Tor di Quinto è un ultras della Roma. L’uomo, accusato di tentato omicidio, si trova al Gemelli dove viene curato per il ferimento di una gamba. Sarebbe stato lui a provocare i tifosi napoletani lanciandogli contro fumogeni. Alla loro reazione, avrebbe risposto sparando.
Si scopre anche che il soggetto in questione era stato coinvolto nella vicenda giudiziaria seguita al derby Roma Lazio del 2004, quello del bambino “morto”, sospeso proprio su “richiesta” dei leader delle due curve romane.



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