lunedì 4 maggio 2015

Accadeva oggi :Tragedia del grande Toro

Torino 4 maggio 1949 notte - nebbia, pioggia, vento, silenzio laddove 6 ore fa si è sfracellato l'aeroplano che riportava a Torino la più bella squadra di calcio d'Italia. Un pallido, rossastro riverbero illumina ancora palpitando le muraglie della Basilica di Superga. Un pneumatico dell'apparecchio sta ancora bruciando, ma la fiamma cede, tra poco sarà completamente buio. Lo spaventoso disastro è successo alle 17:05. Superga era avvolta in una fitta nebbia. A 30 metri non si vedeva niente. Nella sua stanza al primo piano della basilica il cappellano del tempio, prof. Don Tancredi Ricca stava leggendo.
La pioggia, una impetuosa pioggia quasi da temporale scintillava scrosciano contro i vetri. Dal silenzio usciva poco a poco un rombo. Un aeroplano, pensò don Ricca. Ma ne passano tanti di aeroplani, un traguardo fra gli aviatori in arrivo. Prima di scendere al campo aeronautica d'Italia i piloti usano fare un picco sopra la Basilica, un ultimo giro.
Niente di strano, dunque ... Non è vero! Non è vero! Alcune ore sono passate prima che i torinesi, diciamo gli italiani, uscissero a conoscere nella sua selvaggia crudeltà questa sciagura.
Pare che pochi minuti prima della tragedia il marconista del campo di Torino in collegamento radio col collega a bordo dell'apparecchio ha scambiato con lui brevi messaggi. L'aereo - un 212 Fiat trimotore - gli avrebbe richiesto l'orientamento comunicando di trovarsi in mezzo a una formazione temporalesca a 2000 metri di quota. Poco dopo l'aeroplano si frantumava contro il pianterreno di Superga.
Possibile che in così breve tempo, tenendo conto della visibilità che avrebbe dovuto consigliare prudenza, l'aereo fosse disceso di quasi 1300 metri? E' sorto così il dubbio che l'altimetro si sia bloccato e che quindi il pilota, convinto di essere sempre a una quota notevole, non dubitasse minimamente del tremendo pericolo a cui andava incontro. C'è qualcuno che assicura di aver rintracciato il cruscotto e visto il quadrante dell'altimetro. Secondo questa testimonianza non ancora controllabile, la lancetta è ferma e punta a quota 2000. Se ciò fosse vero, sarebbe trovato il motivo principale del disastro.
 
Ore 17:03 ultimo messaggio:
"Ok. Arriviamo".

Ore 16:45, campo di volo dell'Aeronautica. La pioggia che ha provocato danni in tutto il Piemonte scende con raffiche violente, le nubi incombono basse, cupe. Nella cabina della stazione radio un silenzio angosciato: si aspettano messaggi da parte dell'aereo del Torino atteso per le 17:00. Finalmente un tichettio dell'apparecchio. Il tasto batte: "Siamo sopra Savona. Voliamo di sotto delle nubi, 2000 metri, fra 20 minuti saremo a Torino". La notizia giunge al bar vicino, dove tutti brindano. Il tasto riprende a battere: "__.__..__" VUole il rilevamento radiogonometrico. E' un'operazione semplice. Piton ci mette pochi secondi "QSM 280°".
 
Alle 17:02 la richiesta del bollettino metereologico: "Nebulosità intensa, raffiche di pioggia, visibilità scarsa, nubi 500 metri".
Ore 17:03. L'aereo trasmette: "Ricevuto, sta bene, grazie mille".
E' l'ultimo messaggio.





Nessuna squadra al mondo ha mai rappresentato per il calcio tutto ciò che è riuscito al Grande Torino.
L'Italia in quegli anni era reduce da una guerra perduta, avevamo poca credibilità internazionale e furono le gesta dei nostri campioni a rimetterci all'onore del mondo: Bartali, Coppi, il discobolo Consolini, le macchine della Ferrari e appunto il Grande Torino che, essendo una squadra, 

dimostrava a tutti come un popolo di individualisti come gli italiani sapessero far fronte comune per dare vita al più bel complesso di calcio mai visto e mai più comparso su un campo di calcio.
La Juventus del Qinquennio, il Real Madrid, il Santos, la Honved, l'Inter di Herrera, l'Ajax e il Milan degli olandesi hanno rappresentato, è vero, eventi tecnici straordinari, ma nessuno ha pareggiato il Grande Torino.
I granata, guidati da Valentino Mazzola, il capitano dei capitani, hanno record strabilianti e assolutamente irripetibili. Bastava, per esempio, uno squillo del trombettiere del Filadelfia perchè si scatenassero. Leggendaria, per esempio, una partita romana quando il Grande Torino, in svantaggio di un gol nel primo tempo contro i giallorossi, stabili negli spogliatoi, durante il riposo, che non si doveva più scherzare. Fu così che vennero segnati 7 gol a dimostrazione che quella squadra vinceva come e quando voleva.


Non per nulla l'11 maggio del 1947, Vittorio Pozzo, il commissario tecnico della Nazionale, vestì dieci granata d'azzurro per una partita disputata a Torino contro l'Ungheria.
I nostri eroi naturalmente vinsero. E avrebbero continuato a vincere su tutti i fronti se non fosse sceso in campo il destino più tragico per fermarli. Ma non per batterli. Perchè quella squadra di grandi uomini e di grandi campioni è passata direttamente alla leggenda.
Le vittime della tragedia:
Giocatori
Dirigenti
  • Arnaldo Agnisetta
  • Ippolito Civalleri
  • Andrea Bonaiuti (organizzatore delle trasferte della squadra granata)
Allenatori
Giornalisti
Equipaggio
  • Pierluigi Meroni
  • Celeste D’Inca
  • Cesare Biancardi
  • Antonio Pangrazi

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